Law and Economics
Diritto ed Economia,
un binomio inscindibile
Sala riunioni dello Studio Scalfati
La
figura del "business lawyer", molto diffusa nel mondo anglosassone, ha ormai
trovato spazi professionali anche in Italia, affermandosi proprio per la sua
peculiarità, rispetto alla figura tradizionale dell'avvocato dedito
prevalentemente al contenzioso.
L'ambito di attività dello
Studio Legale Scalfati, che si occupa di materie come la contrattualistica privata e pubblica, il diritto dei pubblici
appalti, la revisione legale dei conti, il diritto societario e dei relativi
aspetti tributari, lo
colloca in un settore di intersezione tra le scienze giuridiche e quelle
economiche. E nell'ambito delle prime, nel punto di intersezione tra diritto
civile, diritto societario, diritto amministrativo, diritto tributario.
Questa sfera particolare di attività
esige conoscenze professionali sia da giurista sia da economista. L'Avvocato
Scalfati è laureato anche in Economia e Commercio ed è Revisore Legale dei
Conti, abilitato ed iscritto all'Albo ministeriale. Questa duplice formazione
professionale gli consente di svolgere un'assistenza legale ampia ed esaustiva a
favore di soggetti che operano nel campo economico e che, necessariamente,
devono interagire con altri soggetti privati o pubblici. Caratteristica
professionale particolare, che non si ritrova facilmente nell'ambito della
professione forense.
Infatti, in generale, la
formazione dell'avvocato nelle materie economiche è del tutto carente, giacché
nei corsi di laurea universitari in Giurisprudenza sono quasi del tutto assenti
le discipline di area economica, con la sola eccezione dell'insegnamento di
"Economia politica" (denominazione peraltro vetusta), che si trova
"immesso come un corpo
estraneo" in un corso di studi orientato su antiche impostazioni formalistiche di
diritto sostanziale e processuale.
L'attività di "business lawyer"
si fonda su una visione sostanziale e dinamica del diritto ed è lontana
dall'impostazione formalistica. I proposito, va ricordato che ancora dal mondo
anglosassone ci viene la distinzione tra "law in the books" e "law in action",
che può essere illuminante al riguardo.
Con la dizione di "law in the
books" si vogliono indicare gli aspetti statici e formali del diritto, così come
codificato, e perfino una lettura letterale della norma giuridica, mentre con la
dizione di "law in action" si vuole indicare il diritto nella sua dinamicità
ovvero la norma giuridica vista nel suo funzionamento concreto nella realtà
sociale e attraverso l'analisi degli effetti derivanti dal suo funzionamento.
L'esempio classico, che se ne
fa, è quello di colui che pretende di conoscere un'automobile nel salone di
esposizione, soltanto attraverso la lettura della scheda tecnica, in cui sono
illustrate le caratteristiche, la potenza, le modalità di funzionamento. Ben
altra situazione è quella di colui che chiede al concessionario automobilistico
di provare l'autovettura, mettendosi al volante e sperimentandola in una
molteplicità di situazioni possibili (frenata, salite, accelerazione da fermo,
ecc.). Ma per provare l'automobile occorre sapere guidare. Nel nostro campo
occorre conoscere sia il diritto sia l'economia, per potere essere in grado di
valutare le ricadute economiche di una situazione giuridica.
Inoltre, non
va dimenticato che il diritto, nell'epoca attuale, si fonda sempre più su aspetti
di natura patrimoniale, così come era per il diritto romano. E ciò conferma
l'esigenza di una
competenza professionale dell'avvocato che si estenda anche a nozioni di
economia aziendale per i rapporti di natura privatistica, di scienza delle
finanze e contabilità dello Stato e degli enti pubblici per i rapporti con la
Pubblica Amministrazione, nonché di diritto tributario per entrambi i tipi di
rapporti.
Sovente, oggi, alla figura dell'avvocato si pone la necessità di procedere ad
un'analisi economica della fattispecie che scaturisce dagli atti giuridici
sottoposti al suo esame, nonché perfino un'analisi economica (in termini di
costi-benefici) della stessa azione legale.
Appare del tutto
superata la vetusta impostazione professionale che portava l'avvocato,
interpellato per una fattispecie, ad intraprendere sempre e comunque la via
dell'azione giudiziaria, prescindendo dalla valutazione dei reali
benefici per il proprio cliente.
L’Analisi Economica del Diritto
Analisi
Economica del Diritto (in inglese Law and economics o Economic Analysis of Law)
è il termine usato abitualmente per indicare gli studi interdisciplinari di
diritto e scienza economica, che hanno come oggetto di indagine l'analisi
economica delle norme giuridiche sia sotto il profilo positivo che normativo.
Più in
particolare, secondo la prospettiva dell'Analisi Economica del Diritto, i
problemi giuridici debbono essere analizzati e risolti attraverso una
comparazione tra i diversi gradi d'efficienza economica delle molteplici
soluzioni ipotizzabili. Da questo confronto, effettuato con modalità analitiche
“prese a prestito” dalla scienza economica, emergerà la scelta più efficiente,
ossia quella in grado di garantire a ciascun soggetto coinvolto il maggior
numero possibile di vantaggi.
A causa
della connessione esistente tra sistema giuridico e sistema politico, l'Analisi
Economica del Diritto condivide alcuni campi d'indagine con l'Economia politica
e le Scienze Politiche.
La
metodologia impiegata, soprattutto dagli studiosi statunitensi, è derivata
dall'approccio dell’economia neoclassica, ma l'oggetto della ricerca non conduce
necessariamente alle conclusioni degli economisti neoclassici. Al contrario,
l'idea-tipo della concorrenza perfetta viene impiegato per comprendere i
fallimenti del mercato e il ruolo del diritto nel risolvere o nel generare tali
fallimenti. Tra gli studiosi particolarmente critici nei confronti dell'uso di
strumenti matematici per l'analisi economica del diritto vi è Ronald Coase. Gli
studiosi che analizzano gli stessi argomenti da una prospettiva marxista o
derivata dagli studi critici del diritto, solitamente non inquadrano i propri
lavori nella metodologia impiegata dall'Analisi Economica del Diritto. Esistono
comunque altri orientamenti che, pur collocandosi all'interno dell'analisi
economica, utilizzano un approccio non neoclassico. Questi filoni, che derivano
dalla scuola storica dell'economia e dagli studi di dottrina dello stato, sono
floridi soprattutto nell'Europa continentale e specialmente nei paesi di lingua
tedesca. Il Premio Nobel Oliver Williamson ha più volte individuato
nell'economista americano John R. Commons un precursore di alcuni concetti
basilari dell'analisi economica del diritto come la transazione. Una radice
europea dell'analisi economica del diritto è il filone sviluppatosi attorno alla
Scuola di Friburgo (anche chiamato Ordoliberalismo) negli anni immediatamente
precedenti la Seconda Guerra Mondiale, che ha generato, poi, la concezione
dell’economia sociale di mercato, alla quale aderisce l’Avv. Massimo Scalfati e
che, di recente, è stata affermata con autorevolezza dal Prof. Giulio Tremonti (vedasi
la sua prolusione all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università
Cattolica di Milano).
Analisi positiva ed analisi normativa.
L'Analisi
Economica del Diritto si divide in due sottocampi, l'analisi positiva (o
descrittiva) e l'analisi normativa (o prescrittiva). Ma
gran parte delle analisi presentano congiuntamente i due aspetti.
L'analisi
positiva si concentra sul tentativo di prevedere gli effetti delle diverse
regole giuridiche e di comprendere quali potrebbero essere le conseguenze di
differenti scelte normative applicate ai medesimi problemi. Per esempio, nel
campo degli illeciti civili, si confrontano i diversi effetti che potrebbero
avere norme improntate alla responsabilità oggettiva da altre incentrate sul
dolo e sulla colpa.
L'analisi
normativa compie un passo avanti rispetto alla precedente. Questo tipo di
analisi intende suggerire la soluzione più efficiente per i diversi problemi ai
vari attori del diritto, dal legislatore intento a regolare la fattispecie
astratta fino al giudice alle prese con il caso concreto.
Mentre l'analisi
positiva si concentra sull'aspetto statico (una norma è efficiente o meno),
quella normativa sviluppa il problema da un punto di vista dinamico,
chiedendosi quale possa essere la regola più efficiente e consigliabile.
Preliminarmente, occorre chiedersi quando una norma sia efficiente. Una prima
definizione viene dal cosiddetto "ottimo paretiano" (o efficienza paretiana).
Semplificando al massimo, secondo l'economista e sociologo Vilfredo Pareto, il
sistema economico più efficiente è quello che realizza un'allocazione di risorse
tale per cui non sia possibile migliorare ulteriormente la condizione di un
individuo senza peggiorare quella di un altro. Una versione dell'efficienza
paretiana prende il nome di efficienza di Kaldor-Hicks, dal nome degli
economisti che l'hanno declinata. Essa si basa sull'idea che una data
configurazione sociale di risorse, cui si giunge attraverso mutamenti allocativi
che privilegiano taluni a danno di altri, può dirsi efficiente se essa consente
un opportuno trasferimento di risorse in modo da garantire ex-post una
configurazione efficiente nel senso di Pareto.
(N.B. Alcuni brani di
quest'ultima sezione sono tratti da Wikipedia). |